Latte, il prezzo di mercato appeso all’import cinese. Gli allevatori studiano strategie di difesa del reddito
“Gli effetti del Coronavirus sul Pil cinese saranno determinanti per conoscere il futuro del prezzo del latte. Anche in Lombardia”.
Lo dice alla 92ª Fiera Agricola Zootecnica Italiana (FAZI) di Montichiari (in corso fino a domenica) Angelo Rossi, fondatore di Clal.it, portale di riferimento per il comparto lattiero caseario a livello mondiale, durante il convegno “I produttori di latte fanno squadra: le gestione dei rischi di mercato con i fondi per la stabilizzazione del reddito”, organizzato da Confagricoltura Brescia.
“Fino a qualche settimana fa gli indicatori del settore lattiero caseario europeo facevano ipotizzare un incremento delle produzioni di latte in Ue dello 0,88% fra gennaio e giugno 2020, con consumi in crescita dello 0,19% ed esportazioni in espansione dello 0,31% – spiega Rossi -. Ma complessivamente lo scenario mondiale era caratterizzato da una carenza di prodotti lattiero caseari. Segnali positivi, sostenuti da trend vivaci nell’import dal Sud Est Asiatico, che inducevano a preconizzare per tutto il 2020 livelli di prezzo del latte su valori medio alti per l’Italia e l’Europa. Ma oggi, con l’ipotesi di rallentamento del Pil cinese, non abbiamo certezze”.
Indicazioni utili per leggere il mercato dei mesi futuri arriveranno dagli esiti del prossimo Global Dairy Trade, che registra un significativo numero di società asiatiche fra i propri operatori. L’appuntamento è per martedì 18 febbraio.
“Qualora la domanda della Cina di prodotti lattiero caseari dovesse diminuire – spiega Angelo Rossi – automaticamente in Oceania il prezzo delle polveri di latte scenderebbe, contagiando anche i mercati europei. A farne le spese, in Ue, sarebbero prevalentemente i produttori tedeschi, che oggi sono i primi fornitori comunitari di polvere di latte nell’ex Celeste Impero”.
Ma cosa provocherebbe una pressione sui listini tedeschi? Succederebbe quello che è già accaduto in passato: grandi quantità di latte offerte a prezzo basso in Italia (che ha un livello di autosufficienza inferiore all’84); l’invasione di materia prima tedesca porterebbe al crollo del mercato anche in Italia.
La gestione dei rischi come soluzione alla volatilità di mercato. Per difendersi dalla volatilità di mercato, uno degli elementi di incertezza più pericoloso per la pianificazione aziendale, Confagricoltura Brescia indica ai numerosi agricoltori presenti al convegno della FAZI uno strumento utile, presentato al ministero delle Politiche agricole alla fine di gennaio e in attesa di autorizzazione. Si tratta di Gestifondo Impresa, “un fondo costituito da Agridifesa Italia e Consorzio Codipa di Verona, finalizzato alla stabilizzazione del reddito e chiamato a intervenire in caso di squilibrio di mercato tale da minacciare la redditività aziendale”, spiega Oscar Scalmana, presidente dello stesso Gestifondo Impresa.
Una soluzione di intervento di tipo misto, con i contributi statali che sono fissati nel 70% del premio totale. Non appena ottenuto il via libera ministeriale, lo strumento assicurativo vedrà la luce, con l’adesione al progetto non soltanto degli allevatori di Brescia, Mantova e del Veneto legati a Confagricoltura, ma anche di alcune cooperative di raccolta latte.
Consentire la progettualità delle imprese. “Oggi la questione non è tanto la difesa di redditi calanti – afferma il prof. Daniele Rama, direttore della Scuola di specializzazione e master in Economia del sistema Agro-alimentare dell’Università Cattolica – quanto la necessità di stabilizzare il reddito e progettare gli investimenti, in un contesto in fluttuazione tale per cui non sempre la forbice fra prezzi e costi è chiara. Il fondo di stabilizzazione interviene come copertura in caso di deficit reddituale e permette di gestire i momenti di criticità”.
La genomica come elemento di crescita in stalla. La competitività aziendale migliora anche grazie all’innovazione tecnologica. È il caso del progetto “Genorip” dell’Università di Milano, presentato alla 92ª FAZI di Montichiari nel corso di un incontro che ha visto protagoniste le aziende agricole come la “Bertoletta” di Corrado Zilocchi di Pegognaga (Mantova) o la stalla di Stefano Chiari, allevatore di Castel Mella con 450 bovine per la produzione di latte ad uso alimentare e 180 ettari coltivati. “Abbiamo iniziato a lavorare sulla genomica dal 2014 con l’aiuto di un libero professionista e di Anafij, l’Associazione della razza Frisona e Jersey – sintetizza Chiari -. Abbiamo individuato un indice di stalla e abbiamo puntato a migliorare la fertilità degli animali. Questo ci ha permesso di ottenere accrescimenti anche in altri parametri, legati alla qualità del latte, come il numero di cellule somatiche o la percentuale di grasso e proteine”.
Il futuro è legato alla sostenibilità. “Lavoriamo per prolungare la longevità delle bovine, per incrementare la produttività e ridurre l’impatto ambientale”, conclude.
Italia: cambia la geografia produttiva. Il direttore dell’Associazione di organizzazioni di produttori (Aop) Latte Italia, Marco Ottolini, disegna l’evoluzione delle consegne di latte sulla Penisola, con l’accelerazione produttiva della Lombardia (+1,83% stimato nel 2019 sull’anno precedente, che la consacra prima regione, col 44% del latte prodotto a livello nazionale), la sostanziale stabilità dell’Emilia-Romagna, che però spinge nell’areale consortile sul prodotto di punta, il Parmigiano Reggiano, e la recessione del Veneto (-2,45 per cento).
Il Grana Padano rimane, per Ottolini, “il formaggio di riferimento che influenza l’andamento del prezzo del latte in Lombardia, salito a 5.164.759 forme prodotte, il 4,92% in più rispetto all’anno precedente”.
Il dato che fa riflettere è l’abbandono di molte stalle sulle dorsali appenniniche e, di fatto, rileva il direttore dell’Aop Latte Italia, il fatto che “la produzione da Parma in giù sia quasi scomparsa, una minaccia di fatto alla tenuta idrogeologica del territorio”.